Impermanenza buddismo
Significato dell’impermanenza
Se contempliamo anche solo un minuscolo settore della vasta gamma della vita, ci troviamo di fronte a una tale varietà di manifestazioni della vita che è impossibile da descrivere. Eppure si possono fare tre affermazioni fondamentali che sono valide per tutta l’esistenza animata, dal microbo fino alla mente creativa di un genio umano. Queste caratteristiche comuni a tutta la vita sono state trovate e formulate più di 2500 anni fa dal Buddha, che è stato giustamente chiamato “Conoscitore dei mondi” (loka-vidu). Sono le Tre Caratteristiche (ti-lakkha.na) di tutto ciò che è condizionato, cioè sorto in modo dipendente. Nelle interpretazioni inglesi, sono anche chiamati talvolta Segni, Signata, o Marks.
Il primo e il terzo si applicano anche all’esistenza inanimata, mentre il secondo (sofferenza) è, naturalmente, solo un’esperienza dell’animato. L’inanimato, tuttavia, può essere, e molto spesso è, una causa di sofferenza per gli esseri viventi: per esempio, una pietra che cade può causare lesioni o la perdita di una proprietà può causare dolore mentale. In questo senso, i tre sono comuni a tutto ciò che è condizionato, anche a ciò che è al di sotto o al di là della gamma normale della percezione umana.
Dharma
Ricordo che quando stavo intervistando un candidato per un lavoro, mi disse: “Sto cercando una posizione permanente”. La realtà è che non esiste una posizione permanente, ci sono solo posizioni regolari. Perché siamo così ossessionati dalla permanenza quando niente al mondo è permanente? Non il lavoro, non le relazioni, non le amicizie, non la nostra nazionalità, non il nostro status, non la vita stessa.
Vogliamo che le cose rimangano esattamente come sono. Perché la permanenza sembra una sicurezza. I ricchi cercano di sconfiggere l’impermanenza mettendo i loro nomi su edifici e organizzazioni nella speranza che la loro eredità continui a vivere. Per alcuni è un esercizio di branding; per altri, è un puro aumento dell’ego. In tutti i casi, la permanenza è un’illusione.
Quindi, esaminiamo il concetto di impermanenza in diversi contesti. Il buddismo vede l’impermanenza (Anicca o Anitya) come una delle sue dottrine essenziali che postula “Tutto cambia e niente dura per sempre”. Tutto, dalle nostre emozioni ai nostri pensieri e sentimenti, dalle cellule del nostro corpo alle piante che ci circondano, cambia e decade continuamente. Anche i nostri punti di vista cambiano e si evolvono man mano che cresciamo.
Impermanenza sanskrit
L’impermanenza è probabilmente il segno più importante dell’esistenza in quanto è applicabile a tutto; all’intero movimento dell’universo e della vita umana. L’impermanenza permea tutti gli aspetti della vita, anche negli oggetti inanimati, e quindi è un ricordo costante dell’impotenza dell’uomo. La comprensione dell’impermanenza motiva i buddisti a migliorare la qualità della loro vita; a raggiungere l’illuminazione.
Si potrebbe sostenere che Dukkha è un segno più importante dell’esistenza. Questa è l’idea che c’è sempre un disagio generale o un’insoddisfazione nella vita, questo è importante per il buddismo poiché il principio fondamentale del buddismo è quello di sfuggire alla sofferenza attraverso l’illuminazione, come rappresenta Annica. Dukkha però è più esplicito nella sofferenza dell’uomo.
Impermanenza della vita
Alcuni dei migliori discorsi di dharma che abbia mai sentito sono quelli tenuti dal Buddha. Fortunatamente, molto di ciò che ha detto è stato registrato e trascritto, e anche se ci sono numerose domande storiche a cui non siamo in grado di rispondere completamente nel Canone Pali è una fonte incommensurabilmente preziosa per cercare di capire – in qualche dettaglio – ciò che il Buddha ha insegnato riguardo alla natura di m in questi testi e usare strumenti scientifici come l’analisi linguistica, i riferimenti incrociati e gli schemi di traduzione comparativa per chiarire, per quanto possibile, ciò che il Buddha potrebbe aver cercato di comunicare. Molto importante in questo processo è anche l’uso del buon senso e della propria esperienza presente. Così vi invito questa settimana a condividere una tale esplorazione della nozione centrale buddista di impermanenza, anicca.
Cominciamo riconoscendo le radici di questa parola, anicca. Come molte altre parole importanti nel vocabolario buddista, è costruita come un negativo. Il prefisso “a-” ne inverte il significato, e ciò che viene negato è il termine nitya in sanscrito o nicca nell’ortografia Pali (le due lingue sono molto simili). Questa parola nicca significa perenne, eterno, immutabile. In che senso veniva usata la parola “permanente” nell’antico