Dea shakti

Dea shakti

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Lo Shatkona (षट्कोण) è un simbolo usato negli yantra indù; una “stella a sei punte” è fatta da due triangoli intrecciati; quello superiore sta per Shiva, Purusha, quello inferiore per Shakti, Prakriti. La loro unione dà vita a Sanat Kumara, il cui numero sacro è sei. Lo Shatkona rappresenta sia la forma maschile che quella femminile, come simbolo dell’unione divina del maschile e del femminile e come fonte di tutta la creazione; più specificamente si suppone che rappresenti Purusha (l’essere supremo), e Prakriti (madre natura, o materia causale). Spesso questo è rappresentato come Shiva / Shakti.[1] Si fa spesso riferimento al fatto che il Satkona/Shatkona è il simbolo della divinità indù conosciuta come Sanat Kumara (e con molti altri nomi).

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Ho scoperto il potere della Dea abbastanza inaspettatamente. È successo in India, nella seconda notte di un festival chiamato Navaratri, che celebra il divino femminile come la guerriera Durga, uccisore dei demoni dell’ego e dell’avidità. Come molti festival in India, Navaratri è sia una grande festa che un’occasione di comunione mistica con il divino. Le donne indossano i loro abiti più belli, i templi traboccano di fedeli. Le notti sono piene di danze e racconti. La gente ha esperienze intensificate, persino visionarie, dell’energia che il festival invoca.

Quella sera, diverse centinaia di noi si erano riuniti in mezzo a un tripudio di candele accanto a un’enorme statua di Durga, alta diciotto piedi nel suo sari rosso, seduta sopra una tigre bianca, con le braccia irte di armi. Ero stata scelta per parlare, per raccontare uno dei miei racconti mitologici preferiti, la storia della storia d’amore della dea Sati. Ero entusiasta, eccitato dall’opportunità di raccontare una storia – qualcosa che amo fare – in un’atmosfera così elevata.

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Le prime menzioni di Sati si trovano al tempo del Ramayana e del Mahabharata, ma i dettagli della sua storia appaiono nei Purana. Le leggende descrivono Sati come la figlia preferita di Daksha, ma sposò Shiva contro la volontà del padre. Dopo che Daksha la umiliò, Sati si uccise per protestare contro di lui e sostenere l’onore di suo marito.[1] Nell’Induismo, sia Sati che Parvati, successivamente svolgono il ruolo di portare Shiva dall’isolamento ascetico alla partecipazione creativa con il mondo.[2]

La storia di Sati gioca un ruolo importante nel plasmare le tradizioni di due delle sette più importanti dell’Induismo – lo Shaivismo e lo Shaktismo. Si crede che parti del cadavere di Sati caddero su cinquantuno luoghi e formarono gli Shakti Peethas. L’atto storico di Sati, in cui una vedova indù si immola sulla pira del marito, prende il nome e il modello da questa dea, anche se non ne è l’origine.

Secondo gli studiosi William J. Winkins e David R. Kinsley, le scritture vediche (II millennio a.C.) non menzionano Sati-Parvati ma danno accenni a due dee associate a Rudra – Rudrani e Ambika.[nota 1] Nella Kena Upanishad, una dea chiamata Uma-Hemavati appare come mediatrice tra i devas e il Brahman Supremo ma non è collegata a Shiva. [nota 2][9][10] Sia le fonti archeologiche che quelle testuali indicano che le prime grandi apparizioni di Sati e Parvati sono state durante il periodo del Ramayana e del Mahabharata (I millennio a.C.).[11][12]

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Shakti è talvolta personificata come la Creatrice, ed è conosciuta come “Adi Shakti” o “Adi Para Shakti” (cioè, Energia Inconcepibile Primordiale). Nello Shaktismo, Adi Parashakti è venerata come l’Essere/Dio Supremo. Su ogni piano della creazione, l’energia si manifesta in tutte le forme di materia; si pensa che queste siano tutte forme infinite di Para Shakti. Tuttavia, la vera forma di Para Shakti è sconosciuta e al di là della comprensione umana. Viene descritta come Anaadi (senza inizio, senza fine) e Nitya (per sempre).

Una delle più antiche rappresentazioni della dea in India è in forma triangolare. La pietra Baghor, trovata in un contesto paleolitico nella valle del fiume Son e risalente al 9.000-8.000 a.C.,[3] è considerata un primo esempio di yantra.[4] Kenoyer, parte del team che ha scavato la pietra, ha ritenuto altamente probabile che la pietra sia associata a Shakti.[5] Il culto di Shiv e Shakti era prevalente anche nella civiltà della valle dell’Indo.[6]

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