Impermanenza buddhismo

Impermanenza buddhismo

Anattā

L’impermanenza è probabilmente il segno più importante dell’esistenza in quanto è applicabile a tutto; a tutto il movimento dell’universo e della vita umana. L’impermanenza permea tutti gli aspetti della vita, anche negli oggetti inanimati, e quindi è un ricordo costante dell’impotenza dell’uomo. La comprensione dell’impermanenza motiva i buddisti a migliorare la qualità della loro vita; a raggiungere l’illuminazione.

Si potrebbe sostenere che Dukkha è un segno più importante dell’esistenza. Questa è l’idea che c’è sempre un disagio generale o un’insoddisfazione nella vita, questo è importante per il buddismo poiché il principio fondamentale del buddismo è quello di sfuggire alla sofferenza attraverso l’illuminazione, come rappresenta Annica. Dukkha però è più esplicito nella sofferenza dell’uomo.

Dharma

L’impermanenza, conosciuta anche come il problema filosofico del cambiamento, è un concetto filosofico affrontato in una varietà di religioni e filosofie. Nella filosofia orientale è notevole per il suo ruolo nei tre segni dell’esistenza buddista. È anche un elemento dell’Induismo. Nella filosofia occidentale è noto soprattutto per la sua prima apparizione nella filosofia greca negli scritti di Eraclito e nella sua dottrina del panta rhei (tutto scorre). Nella filosofia occidentale il concetto è anche indicato come divenire.

La parola Pali per l’impermanenza, anicca, è una parola composta da “a” che significa non, e “nicca” che significa “costante, continuo, permanente”[1]. Mentre ‘nicca’ è il concetto di continuità e permanenza, ‘anicca’ si riferisce al suo esatto opposto; l’assenza di permanenza e continuità. Il termine è sinonimo del termine sanscrito anitya (a + nitya).[1][2] Il concetto di impermanenza è prominente nel buddismo, e si trova anche in varie scuole di induismo e giainismo. Il termine appare anche nel Rigveda.[3][4]

Citazioni sull’impermanenza

Barbara O’Brien è una praticante buddista zen che ha studiato al monastero di Zen Mountain. È l’autrice di “Rethinking Religion” e ha coperto la religione per The Guardian, Tricycle.org, e altri punti vendita.

La maggior parte di noi pensa che l’impermanenza di tutte le cose sia un fatto spiacevole che preferiremmo ignorare. Guardiamo il mondo intorno a noi, e la maggior parte di esso sembra solido e fisso. Tendiamo a rimanere in posti che troviamo comodi e sicuri, e non vogliamo che cambino. Pensiamo anche di essere permanenti, la stessa persona che continua dalla nascita alla morte, e forse anche oltre.

Nel suo primo sermone dopo la sua illuminazione, il Buddha ha esposto una proposta – le Quattro Nobili Verità. Disse che la vita è dukkha, una parola che non può essere tradotta precisamente in inglese, ma che a volte viene resa “stressante”, “insoddisfacente” o “sofferenza”. Molto fondamentalmente, la vita è piena di desiderio o “sete” che non è mai soddisfatta. Questa sete deriva dall’ignoranza della vera natura della realtà.

Ci vediamo come esseri permanenti, separati da tutto il resto. Questa è l’ignoranza primordiale e il primo dei tre veleni da cui nascono gli altri due veleni, l’avidità e l’odio. Attraversiamo la vita attaccandoci alle cose, volendo che durino per sempre. Ma non durano, e questo ci rende tristi. Proviamo invidia e rabbia e diventiamo persino violenti con gli altri perché ci aggrappiamo a una falsa percezione di permanenza.

Impermanenza buddismo significato

Ricordo che quando stavo intervistando un candidato per un lavoro, mi disse: “Sto cercando una posizione permanente”. La realtà è che non esiste una posizione permanente, ci sono solo posizioni regolari. Perché siamo così ossessionati dalla permanenza quando niente al mondo è permanente? Non il lavoro, non le relazioni, non le amicizie, non la nostra nazionalità, non il nostro status, non la vita stessa.

Vogliamo che le cose rimangano esattamente come sono. Perché la permanenza sembra una sicurezza. I ricchi cercano di sconfiggere l’impermanenza mettendo i loro nomi su edifici e organizzazioni nella speranza che la loro eredità continui a vivere. Per alcuni è un esercizio di branding; per altri, è un puro aumento dell’ego. In tutti i casi, la permanenza è un’illusione.

Quindi, esaminiamo il concetto di impermanenza in diversi contesti. Il buddismo vede l’impermanenza (Anicca o Anitya) come una delle sue dottrine essenziali che postula “Tutto cambia e niente dura per sempre”. Tutto, dalle nostre emozioni ai nostri pensieri e sentimenti, dalle cellule del nostro corpo alle piante che ci circondano, cambia e decade continuamente. Anche i nostri punti di vista cambiano e si evolvono man mano che cresciamo.

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