Svadhyaya

Svadhyaya

Yamas

Secondo il Raja Yoga (yoga mentale) e gli Yoga Sutra di Patanjali (uno dei testi più autorevoli sullo yoga classico), la maggior parte dello yoga avviene fuori dal tappeto, perché la pratica delle asana è solo ⅛ del quadro generale:

Sviluppando la capacità di focalizzare la nostra attenzione sul nostro mondo interno, stiamo prendendo un “bisturi” che possiamo usare per riscolpire i nostri percorsi neurali, stimolando la crescita di aree del cervello che sono cruciali per la salute mentale.

Secondo lo psichiatra e ricercatore di mindfulness Dr. Dan Siegel, quando facciamo un’abitudine quotidiana di praticare Svadhyaya focalizzato cambiamo la nostra mente e il nostro cervello in meglio perché la pratica attiva circuiti cerebrali che creano resilienza emotiva e benessere.

L’auto-apprendimento e la mindfulness insieme aiutano ad annullare le nostre reazioni emotive istintive, rafforzando anche la funzione della nostra corteccia frontale – la parte del cervello che supervisiona il pensiero superiore e la metacognizione.

Benefici di svadhyaya

Svadhyaya si traduce in “studio di sé” e rappresenta la nostra ricerca di significato. Per incorporare svadhyaya nella tua vita e nella tua pratica, inizia con la posa, il mudra (gesto di mani e dita) e il mantra (un’espressione sacra ripetuta continuamente) qui sotto. Fai questa pratica da sola, aggiungi altre posizioni con la sequenza video di 10 minuti, o collega tutti gli yamas e niyamas insieme, una posa alla volta, formando una sequenza.

Porta le mani al gesto contemplativo del Dhyana Mudra appoggiandole, rovesciate, al tuo ombelico con la mano destra in alto. Portate i pollici a toccare le punte, formando un triangolo. Dhyana significa “meditazione”.

Guardate il triangolo mentre cantate Tat tvam asi, che può essere tradotto come “Tu sei ciò che cerchi”. Questa posizione meditativa, il mudra e il mantra ti permettono di osservare, senza giudizio, i pensieri, i desideri, le abitudini, le brame e i comportamenti ripetitivi che ti fanno disconnettere dal Sé. Questa saggezza è ciò che alla fine illumina le nostre ombre e ci rende liberi dai legami dell’auto-giudizio.

Svadhyaya sul tappeto

Saucha include la purezza esteriore del corpo così come la purezza interiore della mente.[7][8][9] Il concetto di Saucha è sinonimo di Shuddhi (शुद्धि).[10] LePage afferma che Saucha nello yoga è su molti livelli, e si approfondisce man mano che aumenta la comprensione e l’evoluzione del sé.[11]

Shaucha, o purezza olistica del corpo, è considerata essenziale per la salute, la felicità e il benessere generale. La purezza esterna è raggiunta attraverso abluzioni quotidiane, mentre la purezza interna è coltivata attraverso esercizi fisici, tra cui asana (posture) e pranayama (tecniche di respirazione). Insieme alle abluzioni quotidiane per pulire il proprio corpo, il concetto di Shaucha suggerisce un ambiente pulito, insieme a cibo fresco e pulito per purificare il corpo.[12][13] La mancanza di Saucha, come lasciare che le tossine si accumulino nel corpo, è una fonte di impurità.[14]

Shaucha va oltre la purezza del corpo e comprende la purezza della parola e della mente. Rabbia, odio, pregiudizio, avidità, orgoglio, paura, pensieri negativi sono una fonte di impurità della mente.[14][15] Le impurità dell’intelletto sono purificate attraverso il processo di auto-esame, o conoscenza di sé (Adhyatma-Vidya).[16] La mente è purificata attraverso la consapevolezza e la meditazione sui propri intenti, sentimenti, azioni e le loro cause.[17]

Posizioni svadhyaya yoga

Il quarto dei niyama (osservanze personali) degli Yoga Sutra di Patanjali è svadhyaya. In sanscrito, sva significa “sé”; dhyaya si traduce come contemplare, meditare o riflettere. Svadhyaya può quindi essere tradotto come auto-riflessione, auto-contemplazione o lo studio di se stessi. Come molti aspetti degli Yoga Sutra, questa introspezione può essere affrontata in modo tradizionale, come ai tempi di Patanjali; oppure la pratica può virare verso un’interpretazione più moderna.

Una forma tradizionale di svadhyaya è la recitazione di mantra: ripetere una parola o un gruppo di parole che si crede abbiano risonanza spirituale, come Om. Patanjali enfatizzava particolarmente la recitazione di Om (Yoga Sutra 1.23-29), che considerava una rappresentazione della coscienza pura. Cantando Om o un altro mantra, l’attenzione si concentra singolarmente su quella parola e tutti gli altri pensieri cadono. Si può allora sottomettersi completamente al momento presente e sperimentare questa pura coscienza dentro di sé, libera dai costrutti della mente.

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